La lotta politica nei primi anni del secondo dopoguerra
Noi olianesi abbiamo sempre provato una passione fuori dal comune per la politica e questo ci ha fatto cadere in qualche eccesso che altrimenti avremmo potuto evitare.
Ho partecipato in prima persona alle lotte politiche nei primi anni dell'ultimo dopoguerra, nelle file della Democrazia Cristiana, continuando una tradizione della mia famiglia. Mio padre infatti faceva parte dell'amministrazione comunale ai tempi in cui il Comune era conteso . tra il partito del dottor Canudu, di cui egli era seguace, e quello dei Puligheddu.
Dopo la parentesi fascista, a Oliena si riformarono due grossi schieramenti, la D.C. ed il P.S. d'Az.; ed io, non per spirito di fazione o animosità contro nessuno, ma perché mi sembrava un bel partito, preferii militare nella D.C.
Purtroppo la lotta politica degenerò ben presto in guerra di fazione; non vi furono atti di violenza, ma non mancarono scherzi e grossi dispetti, che portarono ad incomprensioni ed eccessi da entrambe le parti.
Gli anziani ex seguaci del dottor Canudu, militanti nella D.C., non volevano neanche sentir parlare di partiti politici ed affermavano di essere contro i Puligheddu, e basta! I sardisti dal canto loro si rivelavano tenaci avversari non tanto del programma della D.C. quanto dei suoi esponenti.
In «sas troppas» non era facile trovare insieme democristiani e sardisti; all'avvicinarsi delle elezioni, in seno alle famiglie, se per caso i componenti parteggiavano chi per l'uno e chi per l'altro dei due schieramenti, nascevano immancabilmente dei malumori. Per fortuna quei tempi sono abbastanza lontani.
Tanto poco gran parte della gente capiva la politica, che andava ai comizi come ad uno spettacolo, e i giorni delle elezioni sembravano quelli della festa di S. Lussorio. Naturalmente le due fazioni cercavano di guastarsi a vicenda la festa, ricorrendo persino a banali accorgimenti pur di mettere in disagio l'avversario. Le donne democristiane di una certa età, la domenica mattina, all'uscita dalla prima messa, si recava no in massa a votare.
Le contromisure della parte avversa non si facevano attendere: nella tarda mattinata le donne sardiste, in gruppi numerosi, vestite in costume, sfilavano quasi in solenne processione per la via centrale del paese fino al seggio elettorale.
Intanto il via vai continuo delle pettegole, «sas contuledderas» contribuiva a tener desto l'interesse e l'animosità delle parti.
Il lunedì mattina i rappresentanti di lista dei due partiti prendevano nota di coloro che non avevano ancora votato. Era una corsa contro il tempo per portare al seggio pastori rimasti negli ovili, infermi e persino moribondi (non meravigliatevi, le fazioni di Fontamara facevano votare anche i morti). Del resto non ci si poteva permettere di sprecare neppure un voto, che poteva essere decisivo per la vittoria dell'uno o dell'altro partito.
Durante la votazione i candidati si schieravano davanti al portone del caseggiato scolastico di S. Maria e, cercando di influenzare gli elettori con la loro presenza, distribuivano sorrisi, strette di mano e sguardi ammonitori. A trovarsi in imbarazzo erano gli elettori fluttuanti che avevano ricevuto qualche favore dagli uni e dagli altri e, non sapendo che pesci prendere, superavano «la barricata» fingendosi distratti; non tutti però: c'era chi se ne infischiava e contraccambiava con sorrisi e sguardi rassicuranti.
All'inizio dello scrutinio si affollavano le sezioni per seguire la «lettura dei voti», mentre le pettegole si mettevano di nuovo in movimento per tenere informate le persone rimaste a casa, le quali, impazienti, di tanto in tanto davano uno sguardo dalla finestra, con la speranza di ricevere buone notizie.
Molte volte si restava col fiato sospeso fino all'ultimo istante. Quattro Mori e Scudo Crociato: i voti venivano fuori dall'urna a ondate. Era un'altalena continua, carica di tensione, un continuo alternarsi d'allegria e di tristezza.
I delusi riparavano in un'altra sezione con la speranza che le cose andassero meglio per il proprio partito. Per i sardisti era importante pren dere un forte distacco nella fase iniziale dello spoglio in maniera da rendere impossibile il recupero ed il sorpasso da parte degli avversari, che altrimenti potevano sperare fino all'ultimo nei voti della «prima messa».
La fazione vittoriosa lasciava i seggi elettorali «a bandiere spiegate», tra grida festose e il suono dell'organetto, percorrendo le vie principali del paese; mentre gli sconfitti, con le bandiere arrotolate sotto il braccio, erano già spariti per i viottoli deserti, raggiungendo in tutta fretta le proprie case. Il lutto durava per questi alcuni giorni, mentre per i vincitori iniziava il trionfo tra canti, balli e vino a fiumi.
Tratto da "Oliena. Immagini e testimonianze di vita", Congiu, Cabboi, Loi
Data di ultima modifica: 09/02/2017